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C’era una volta un Re

6 Ottobre 2017

(ovvero la favola de “” raccontata come si faceva tanto tempo fa)

Difficile parlare di me, difficile raccontare una serata come quella del 16 agosto. Posso dire solo quello che si vedeva dalla mia sedia, nel piccolo prato del Canto, proprio al centro del paese. Alla luce viva di una fiamma, di un fuoco che ardeva dentro un vecchio paiolo, diventato elemento prezioso.

Ho visto gli occhi delle mie nipoti, quelli di tanti bambini, avvolti dalle parole della storia e intrisi della loro pura immaginazione.

 

Ho visto gli occhi degli adulti, osservare un film senza immagini, ritrovare qualcosa di se stessi che forse non sapevano neanche di aver perduto, qualcosa che arrivava dalla notte del tempo e dell’oblio a ricordare loro che quello era il loro paese, quella era la loro storia, la storia che tanto tempo fa qualcuno aveva raccontato e che i loro progenitori avevano ascoltato prima di loro. Con le stesse orecchie attente, con gli stessi occhi.

Ho visto occhi e volti amici sorridere, o ascoltare più seri, li ho visti aspettare la prossima svolta, la prossima prova, il prossimo ingresso della volpe…

Ho ascoltato, poco dietro di me, le dita sapienti di Stefano Re accarezzare o far vibrare le corde di una chitarra e compiere la magia di trascinare anche me insieme a tutti, insieme al fuoco, alla favola dell’uccello dalle piume d’oro, insieme all’aria che respiriamo tutti da generazioni: un’aria che cambia, ma che in fondo è sempre la stessa. Da sempre.

Ho visto gli occhi delle persone a me care, che mi hanno accompagnato in questi anni oppure da poco, occhi lucidi e felici come i miei, illuminati da quel fuoco, e mi sono sentito compreso, e amato ancor di più di quanto già non sia stato.

Tutto quel poco o tanto che ho imparato e creato nella vita, scrivendo o recitando, oppure solamente incontrando persone, scambiando parole, sorrisi o ricordi, quella sera del 16 agosto ha avuto un senso pieno e compiuto, davanti ai miei occhi. Tutto è stato costruito per me in un viaggio lungo come quello del giovane figlio del giardiniere: ogni singolo tassello a comporre quei momenti, quel calore, quell’affetto, quegli applausi.

C’era una volta il terzo figlio di un giardiniere che dopo un lungo viaggio è diventato re e ha sposato la bella principessa.

C’era una volta un gruppo di persone, unite dalle stesse montagne, dalla stessa valle, che ha ritrovato le parole del suo passato, le ha raccolte mutandole in un bene prezioso, da portare con sé nel futuro.

 

 

 

Forse la morale della storia è questa, ed era lì.

Davanti ai miei occhi.

 

 

 

 

Maurizio Caldini

Ricordi, Tradizioni